Cerimonia funebre
Il rito funebre (o funerale, o esequie) è un rituale civile o religioso che si celebra in seguito alla morte di una persona. Gli usi e le tradizioni relative a tale evento variano in base al luogo, alla fede religiosa e al desiderio del defunto o dei suoi congiunti.
Il rito funebre, presso la maggior parte delle culture, si svolge al cospetto della salma con la partecipazione delle persone appartenenti al gruppo sociale di riferimento (famiglia, amici, conoscenti, colleghi, ecc.) ed è presieduto da un’autorità di riferimento sociale (tra queste i ministri del culto), politico o morale.
Il rito assolve spesso ad alcune funzioni sociali che non sono, tuttavia, riscontrabili sempre ed in ugual misura nei vari gruppi etnici e sociali:
- ufficializzazione alla comunità della dipartita del defunto;
- richiamo a specifiche concettualità etiche o religiose della comunità di appartenenza;
- giudizio sul defunto;
- espressione di solidarietà alla famiglia.
Sin da remote epoche preistoriche si hanno tracce di riti funebri: i cadaveri collocati in determinate posizioni, ornati, dipinti, forniti di cibo o di oggetti d’uso attestano forme rituali di comportamento nei confronti del defunto.
Nelle diverse civiltà tale tipologia di riti si presenta con una varietà estrema e prendono inizio spesso già al momento del decesso, o durante l’agonia. Prima delle esequie può aver luogo il lamento funebre, la vestizione della salma e la veglia, presso certi popoli primitivi si procede anche a una forma rudimentale di mummificazione, mentre altri prevedono l’offerta di cibi e bevande al morto prima del funerale.
Le esequie possono avere forme varie e la loro necessità, sentita in quasi tutte le culture (fanno eccezione i popoli che, per ragioni religiose, abbandonano i morti o i moribondi), è motivata da un duplice esigenza:
- per il defunto che altrimenti non troverebbe la propria pace o la via dell’aldilà;
- per i vivi che si preoccupano di disfarsi dello spirito del morto o degli influssi nefasti emananti dal cadavere.
Oltre all’inumazione e alla cremazione, che sono le forme più diffuse, esistono altri rituali: il summenzionato abbandono, la sopraelevazione (elevazione della salma al di sopra del suolo), l’immersione, la scarnitura. Come tipo particolare di inumazione va inoltre ricordato il seppellimento in un’urna che raccoglie le ceneri o l’intero corpo del defunto, peculiare di talune popolazioni sudamericane. Dal seppellimento sono esclusi, presso molti popoli, i bambini, le persone morte in modo violento e gli schiavi.
Riti di vario genere accompagnano i funerali stessi:
- la salma può essere allontanata dalla casa attraverso un’uscita speciale;
- lamenti e parole di congedo possono aver luogo presso la tomba;
- certi popoli uccidono le mogli, gli schiavi, gli animali domestici del morto;
- altri popoli sostituiscono le persone con delle figurine;
- si conosce pure l’uso (anche nell’Europa preistorica) di legare il cadavere o di spezzargli le gambe, per impedirgli di ritornare.
Dopo il funerale seguono altri riti, in primo luogo purificatori:
- presso certi popoli non si torna più al villaggio colpito da un caso di morte o per lo meno la casa del morto resta inabitata;
- dopo i funerali si svolge il banchetto funebre, il luogo può essere adiacente alla tomba o, comunque, il morto è di solito considerato presente e partecipe alla festa;
- in molte civiltà, anche in quella omerica, gare, agoni e combattimenti rituali completano i funerali;
- altrove si hanno danze mascherate e scene mimiche.
Dei riti funebri largamente intesi fanno parte anche le diverse usanze di lutto. I congiunti del morto sono soggetti a vari tabù, di questi si conserva la sostituzione del normale modo di vestirsi con abiti dalle fogge o dal colore specifici.
Nel folclore religioso europeo i riti funebri rappresentano una rete di assicurazione dell’intero gruppo (villaggio, paese) contro il trauma determinato dall’evento morte, intensamente sentito dalla comunità. Hanno questa funzione:
- il pranzo offerto da parenti e da amici, spesso per più giorni, alla famiglia colpita dal lutto;
- la lamentazione funebre fatta dai parenti o da piagnone ingaggiate (prefiche);
- i tempi di lutto riguardante gli abiti, con varianti in rapporto al vincolo di parentela con il defunto;
- gli usi di assicurare al defunto il passaggio nell’aldilà riponendo nella bara monete e pane;
- il considerare il defunto come “cadavere vivente” per alcune ore o giorni successivi alla morte, con conseguente affidamento a lui di messaggi per altri morti a mezzo di lettere o oralmente.
Sotto l’aspetto etico o religioso, il funerale può richiamare la concezione che ciascun gruppo ha nei confronti della morte; per le religioni, per cui l’anima non perisce col corpo, la celebrazione vale di suffragio (nel senso di conferma) dell’avvenuto passaggio allo stato spirituale, la morte del singolo può essere identificata come momento essenziale di contatto con il dio di riferimento e passaggio alla condizione del mondo ultraterreno.
Il senso del “passaggio”, il moto dinamico di transizione, pur essenzialmente antitetico alla staticità della morte scientifica (biologica) ed ai suoi noti effetti di devitalità, si individua comunemente nei riti della maggior parte delle religioni, particolarmente per le religioni rivelate: la vita persa sarebbe solo quella corporale mentre lo spirito, l’anima, proseguirebbe la sua esperienza come entità di altro tipo.
Insieme alla considerazione che le religioni sono fedi (e dunque non convinzioni o elaborazioni, quali potrebbero essere quelle della scienza) che implicano proprio definite visioni sul post-mortem e che anche per questo si abbracciano, l’accento che il rito pone sul passaggio segnala l’importanza massima di queste celebrazioni, per alcuni versi le più significative delle rispettive teologie.
31.03.2016 Home